Anatomia Normale
La vescica urinaria è un organo cavo muscolomembranoso e rappresenta il serbatoio dell’urina che, prodotta dai reni, vi giunge dagli ureteri e vi si deposita. Raggiunta una certa quantità (la capacità vescicale fisiologica è pari in media a 250-350 ml), l’urina viene emessa all’esterno attraverso l’uretra con l’atto della minzione. La variazione pressoria è di soli 5 cm/H2O, il che dimostra l’elevata compliance di questa struttura; per questa ragione la vescica è in grado di modificare in misura significativa le proprie dimensioni determinando dei veri e propri spostamenti a carico degli organi vicini (utero nella donna e anse intestinali in entrambi i sessi). La parete molto distensibile, inoltre, permette in condizioni patologiche (come nell’ipertrofia prostatica o in altre stenosi uretrali) la sua dilatazione fino a contenere 2-3 litri e più di urina. La forma, le dimensioni e la situazione topografica della vescica variano secondo lo stato di riempimento.Nella vescica vuota la cavità è ridotta a una fessura. Mano a mano che l’urina vi si raccoglie, le pareti vescicali si discostano e si distendono; la faccia superiore, che è quella più distensibile, si solleva facendosi convessa. La vescica acquista così una forma globosa o, più precisamente, ovoidale, con l’estremità più voluminosa inferiore e l’asse maggiore (lungo in media 10-12 cm) diretto obliquamente in basso e in dietro. Alcune differenze nella forma della vescica sono rilevabili secondo il sesso e l’età. Nella femmina, infatti, la vescica appare più appiattita in senso antero-posteriore (vescica di tipo trasversale); nel neonato, invece, è più allungata in senso longitudinale, assumendo una forma fusata e oltrepassando in alto la sinfisi pubica anche in stato di vacuità.
La superficie interna della vescica, che può essere studiata nel vivente con la cistoscopia. Le arterie sono rappresentate dalle voluminose arterie vescicali superiori, che provengono dalla porzione rimasta pervia delle arterie ombelicali, e dalle arterie vescicali inferiori, esili e incostanti, che originano o direttamente dalle arterie iliache interne o da una loro collaterale. Altri piccoli rami arteriosi possono essere forniti dalle arterie otturatorie, dalle arterie pudende interne, dalle arterie rettali medie, dalle arterie vescicolo-deferenziali nel maschio e uterine nella femmina. Tutte le arterie vescicali si ramificano e si anastomizzano fra loro in corrispondenza della superficie esterna della vescica, formando una rete perivescicale; i rami arteriosi si approfondano quindi nella parete vescicale e formano una ricca rete nello strato profondo della lamina propria. Da questa rete originano sottili ramuscoli che si risolvono in capillari subito al di sotto dell’epitelio di rivestimento. Le vene, dopo avere formato reti accolte nella lamina propria e nella tonaca muscolare, costituiscono un ricco plesso sulla superficie esterna dell’organo (plesso perivescicale) nel quale i vasi venosi hanno un decorso prevalentemente longitudinale, decorrendo dall’apice verso la base. Il plesso perivescicale si scarica nel plesso pudendo e inferiormente nel plesso vescicoprostatico nel maschio e in quelli vescicovaginale e uterovaginale nella femmina. Numerose comunicazioni si stabiliscono tra le vene vescicali, le vene degli organi vicini e gli altri plessi venosi della piccola pelvi. I vasi linfatici, abbondanti nella tonaca muscolare, costituiscono una rete perivescicale. Da questa emergono tronchi linfatici efferenti i quali raggiungono: anteriormente i linfonodi iliaci esterni, lateralmente i linfonodi iliaci esterni e interni e posteriormente i linfonodi iliaci interni e quelli situati sotto la biforcazione dell’aorta (linfonodi del promontorio). Lungo il decorso dei tronchi linfatici sono scaglionati piccoli linfonodi, prevalentemente al davanti e sui lati della vescica (linfonodi pre- e latero vescicali). I nervi, sensitivi e motori viscerali, hanno duplice origine: derivano infatti sia dal plesso ipogastrico (ortosimpatico) che dai rami anteriori del 2°, 3° e 4° nervo sacrale (parasimpatico). I rami nervosi, anastomizzandosi fra loro, formano lateralmente alla base della vescica un ricco plesso (plesso vescicale) nel quale sono presenti piccoli gangli. Le fibre effettrici viscerali parasimpatiche si distribuiscono al muscolo detrusore, mentre quelle ortosimpatiche vanno al muscolo sfintere della vescica. Le fibre viscero-sensitive trasportano stimoli legati al grado di distensione dell’organo.
La Neoplasia Vescicale
E’ la 9° neoplasia diagnosticata e rappresenta il 40 % circa di tutti i tumori urologici, ma più in particolare il 6-8% delle neoplasie nell’uomo e il 2-3% nella donna. Il rapporto di incidenza M/F è di 3-4/1; l’ età media di insorgenza è 60 anni. E’ un tumore con una frequenza maggiore nei paesi industrializzati con un’incidenza del 18-30/100.000 (in Italia 20.000 casi /anno).
I fattori di rischio accertati sono:
– Fumo di sigaretta;
– Amine aromatiche; un esempio è l’anilina, usata nella realizzazione dei coloranti industriali, il cui contatto ripetuto è identificabile nell’anamnesi del 16/24% dei pz con carcinoma a cellule transizionali.
– Infezioni; ad esempio cistiti croniche o cistiti da Schistosoma Haematobium.
– Radioterapia; specialmente per tumori ginecologici.
– Chemioterapia; per esempio i cicli che prevedono l’uso di ciclofosfamide.
L’istologia del tumore vescicale identifica due origini:
TUMORI EPITELIALI (epitelio uroteliale):
Carcinoma a cellule transizionali (TCC) 90-95%
Carcinoma squamocellulare 5%
Adenocarcinoma 2%
Carcinoma anaplastico 1%
Papilloma 0,5%
TUMORI CONNETTIVALI:
Fibroma / Fibrosarcoma
Leiomioma / Leiomiosarcoma
Neurofibroma
Per la stadiazione si utilizza il TNM ( consulta sezione prostata per la sua trattazione ). Per la gradazione (grading), si considera il pattern istologico e si assegnano punteggi ( G1, G2, G3 ) crescenti in base alla differenziazione che può essere buona, moderata o scarsa.
DIAGNOSI
Viene effettuata valutando:
– quadro clinico,
– citologia urinaria e markers urinari,
– ecografia vescicale sovrapubica,
– uretrocistoscopia ,
– TUR-V, ovvero la resezione vescicale trans uretrale che ha ruolo terapeutico e stadiante,
– TC addomino-pelvica con mezzo di contrasto.
L’EMATURIA, macro (Macroscopicamente evidente e talora associata a coaguli), o micro (Globuli rossi presenti nel sedimento urinario rilevabili solo all’esame microscopico) è presente nell’ 85% dei casi e non va mai sottovalutata! La DISURIA (disturbi minzionali irritativi) è presente nel 15% dei casi.
La citologia urinaria rivela la presenza di cellule neoplastiche nel sedimento urinario e loro grado di atipia. E’ un utile indagine diagnostica e di follow-up ad elevata specificità.
L’uretrocistoscopia è un esame ad elevata specificità e nel contemplo elevata sensibilità. E’ un utile esame che va sempre considerato.
Immagini scattate dall’ottica cistoscopica
CHIRURGIA
Nel caso di carcinomi in situ, limitati all’epitelio o alla lamina propria ( secondo la classificazione TNM, rispettivamente Tis, Ta T1 ), si può procedere con una tecnica chiamata TUR-B, cioè trans urethral resection bladder.
Come ci suggerisce il nome, l’asportazione del tumore avviene per via endoscopica attraverso l’uretra ( quindi il pene ), introducendo dei sofisticati strumenti chiamati uretroscopi. Questo è uno strumento con ottica Karl Storz, che permette una visione superba del campo operatorio.
La tur-b ha scopo sia stadiante che terapeutico. Infatti può essere condotta una biopsia escissionale ( asportando la lesione in toto ) e dopo il responso istologico, approfondire o meno la terapia.
Come si nota dal disegno a fianco, il resettore trans uretrale opera come una pialla: lima progressivamente il tessuto asportando losanghe di mucosa. Un’alternativa al resettore classico ( attraversato da corrente bipolare ), è il laser. Consultare la sezione Laser per approfondire l’argomento.
I tumori vescicali hanno un elevato tasso di recidiva, che si attesta al 50 – 75% post TURB, ma una progressione dal 2 – al 48%: la sopravvivenza a 5 anni è del 75%. ( l’elevato tasso di recidiva, non è sinonimo di progressione della malattia tumorale, che infatti è medio-basso ). Questi numeri salgono se si considera una lesione più invasiva: fino al 65 – 80% di recidiva con follow up a 5 anni e 35 – 65% di progressione con follow up a 5/15 anni per una neoplasia T1G3. ( G rappresenta il grado: aumenta se l’indice di proliferazione cellulare Ki67 è elevato, se sono presenti un elevato numero di mitosi e altri parametri anatomo patologici )
Le opzioni terapeutiche dopo la TURB sono la vigile attesa ( Watchful waiting ), la Chemioterapia intravescicale ( con Epirubicina, Mitomicina C, Gemcitabina, etc ), l’ Immunoterapia endovescicale e la Cistectomia precoce.
Dagli anni 60 la cistectomia radicale è il gold standard nel trattamento delle neoplasie uroteliali infiltranti della vescica. Il miglioramento delle tecniche chirurgiche associata ad miglioramneto delle tecniche anestesiologiche e di assistenza peri-operatoria hanno permesso di ridurre drasticamente le complicanze e la mortalita operatoria: le complicanze peri-operatorie si sono ridotte dal 35% a meno del 10% dal 1970 ad oggi, la mortalità dal 20 % a meno del 2 %.
Così anche la sopravvivenza a questo tumore è drasticamente migliorata arrivando al’ 80% a 5 anni con uno stadio minore o uguale pT3a N0 (TNM); tuttavia lo stadio patologico del tumore primitivo incide direttamente sulla curabilità della malattia.
La cistectomia radicale è un intervento altamente mutilante, che prevede la rimozione in toto della vescica e organi limitrofi (cistoprostatovesciculectomia nel maschio; pelvectomia anteriore nella femmina) associata a linfoadenectomia pelvica, che prevede una derivazione urinaria.
Con il modernizzarsi delle tecinche e il progresso scientifico si sono sviluppate tecniche per realizzare delle derivazioni continenti (che non si vedono) e cercare di preferirle, quando possibile e senza sacrificare la radicalità dell’escissione tumorale che deve essere imperativa, alle derivazioni incontinenti (quelle che richiedono dispositivi esterni di raccolta).
Le derivazioni continenti possono essere:
– Derivazioni continenti con intestino non isolato dal transito fecale (la continenza è garantita dallo sfintere anale): ureterosigmoidostomia e vescica rettale
– Derivazioni continenti che richiedono autocateterismo intermittente attraverso uno stoma cutaneo: pouch indiana, pouch di Kock, pouch di Mainz
– Derivazioni continenti ortotopiche con minzione “per uretram”: neovesciche ileali, coliche e sigmoidee.
La storia delle neovesciche ortotopiche è iniziata nel 1956 con la tecnica di Palken (neovescica sigmoidea); oggi esistono molte tecniche e tutte prevedono la formazione di una tasca facente funzioni vescicali, a partire dall’intestino opportunamente “trattato” tramite la detubularizzazione che rallenta l’insorgere e riduce l’ampiezza dell’aumento di pressione provocati dalle contrazioni peristaltiche, e la riconfigurazione che migliora la capacita’ del serbatoio per ragioni geometriche e assicura una riduzione della pressione grazie all’aumento del raggio del serbatoio.
I criteri di esclusione considerati secondo le linee guida internazionali sono da assimilarsi a Insufficienza renale, Tumori multifocali, Esteso interessamento del collo vescicale nella donna, o dell’apice prostatico nell’uomo.
In maniera molto semplificata, vediamo la tecnica di Studer che prevede l’isolamento di un segmento di ileo terminale (54 cm), a 25 cm dalla valvola ileo-cecale, che viene detubularizzato e riconfigurato. Successivamente all’ansa afferente, non detubularizzata a scopo antirefluente, si anastomizzano gli ureteri. Infine la porzione declive della neovescica viene anastomizzata all’uretra. <br
La tecnica di neovescica ileale secondo Hautman invece prevede l’isolamento di un segmento di ileo terminale ( 40 cm ), che viene detubularizzato e riconfigurato a W. I due margini dei lembi mediali sono anastomizzati fra loro e le braccia laterali della W sono approssimate al segmento mediale ottenendo la formazione di due tunnel sierosi nei quali vengono alloggiati gli ureteri.
La porzione declive della neovescica viene anastomizzata all’uretra.
Le performance del serbatoio progressivamente migliorano, e la mucosa intestinale va in atrofia da disuso ( riduzione in altezza dei villi e dei microvilli ).
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Mucosa ileale normale Neovescica ortotopica: mucosa atrofica con villi ridotti in altezza
COMPLICANZE
Complicanze chirurgiche immediate:
INFEZIONI DELLA FERITA CHIRURGICA, 10%;
OCCLUSIONI INTESTINALI, 10%;
EMORRAGIE, TROMBOFLEBITI, TROMBOSI VENOSA PROFONDA, 5-9%;
COMPLICANZE CARDIOPOLMONARI
Complicanze tardive:
INCONTINENZA
– diurna, 6 %;
– notturna, 10 %;
STENOSI ANASTOMOSI URETERALE, 2-4 %;
REFLUSSO NEOVESCICO-URETERALE, 100 %
La riabilitazione è molto importante e viene fatta in ambulatorio. Prevede:
– Minzione ogni 3 ore
– Ginnastica perineale
– Minzione con l’ausilio del torchio addominale
– Minzione ad ore anche durante la notte
– Autocateterismo.
Laser nel trattamento dei tumori vescicali