IPB
L’IPB è un aumento del numero delle cellule della ghiandola prostatica (iperplasia).
Rappresenta una malattia benigna. L’acronimo IPB, stante quindi per “Iperplasia
Prostatica Benigna” è però da alcuni erroneamente esplicitato con “Ipertrofia
Prostatica Benigna”, che indicherebbe invece un aumento del volume delle cellule
prostatiche, senza un aumento del loro numero. Risolti questi dettagli lessicali, l’IPB
è dai più comunemente conosciuta come adenoma prostatico.
Nonostante come detto si tratti di un aumento del numero di cellule (appunto,
iperplasia), il risultato finale è un aumento di volume della ghiandola, che avviene
principalmente nella cosiddetta “zona di transizione”, vale a dire nella parte centrale
della prostata, che si sviluppa attorno all’uretra prostatica. Come accennato, si
tratta di una crescita di cellule benigne: i tessuti circostanti saranno compressi ma
non infiltrati.
L’IPB è un fenomeno fisiologico, legato all’invecchiamento del maschio. Va detto
tuttavia che alcuni soggetti ne soffrono maggiormente e più precocemente.
Progressivamente, a lungo termine, la crescita della ghiandola prostatica può
provocare una compressione dell’uretra prostatica, ostacolando il flusso urinario
(questo spiega il perché della tipica sintomatologia che andremo ad approfondire
più avanti).
Terapia Medica
Il primo step può essere rappresentato dai Fitoterapici, tra i quali
citiamo l’estratto del frutto della Serenoa Repens, in grado di alleviare i
sintomi della malattia. Studi recenti hanno aumentato la dignità di tale
terapia, che ha la sua efficacia. Per le sue proprietà anti-infiammatorie,
preparati a base di Serenoa Repens sono spesso associati alla terapia
medica convenzionale, in pazienti con sintomatologia prevalentemente
irritativa.
Gli α -litici (o α -bloccanti, perché antagonisti degli α-recettori)
procurano un miglioramento dei sintomi dell’IPB. Le molecole più utilizzate
sono la doxazosina, la terazosina, l’alfuzosina, la tamsulosina e la silodosina.
Agiscono mediante un “rilassamento” della muscolatura della prostata e del
collo vescicale, ed aumentano la portata del flusso urinario. L’effetto
collaterale, lamentato da molti pazienti, l’eiaculazione retrograda.
Gli inibitori della 5α-reduttasi (finasteride e dutasteride), sono un altro
trattamento molto comune. Quando usati in abbinamento agli alfa-litici, si è
notata una significativa riduzione del volume della prostata in persone.
L’indicazione più corretta sono i pazienti con prostate particolarmente
voluminose. Sottolineiamo che gli inibitori della 5α-reduttasi hanno un effetto
sulla forma attiva del testosterone (il di-idro-testosterone): per questo, in
alcuni soggetti, un effetto collaterale di tale terapia è rappresentato da un
calo della libido con disfunzione erettile (reversibile con la sospensione della
terapia).
Terapia Chirurgica
Come accennato, in caso di fallimento della terapia medica, può essere necessario
un trattamento chirurgico. Va detto che quasi tutte le diverse tipologie di intervento
chirurgico per IPB pongono a rischio, in modi diversi, la possibilità per il paziente di
eiaculare (l’emissione dello sperma al momento dell’orgasmo). Tranquillizziamo il
paziente sul fatto che per contro, è molto improbabile che la validità dell’erezione e
la capacità di giungere all’orgasmo vengano influenzati dalla terapia chirurgica
dell’IPB. Esistono numerose tipologie di intervento. Ognuna di queste trova
indicazione in una certa tipologia di paziente, e a determinate dimensioni della
prostata. È compito dell’urologo, durante il colloquio con il paziente, scegliere la
migliore tipologia di intervento.
Fondamentale, prima di un intervento chirurgico per IPB è l’esecuzione di una
ecografia transrettale. Questa consente la misurazione più precisa dei diametri
prostatici, per il calcolo del volume della ghiandola. È un esame più fastidioso, che
può essere risparmiato al paziente nella fase dei controlli periodici (per questo non
è stato menzionato tra gli esami di controllo), ma ha un ruolo importante nella
scelta dell’intervento più indicato.
Esistono 2 grosse tipologie di intervento chirurgico, classificate in base
all’approccio: chirurgia vera e propria, ed endoscopia, eseguita con accesso
transuretrale (per via naturale).
Chirurgia:
L’intervento chirurgico per la terapia dell’IPB è l’adenomectomia chirurgica (o
prostatectomia “semplice”, per traduzione letterale del nome anglosassone “simple
prostatectomy”). Consiste nella rimozione dell’adenoma prostatico per via trans-
vescicale (con incisione della vescica) o per via retropubica (secondo Millin, con
incisione della capsula prostatica, evitando la vescica). L’approccio chirurgico
all’adenomectomia è storicamente stato a cielo aperto, con incisione sovrapubica.
Oggi, tale intervento è riproducibile mediante le tecniche mini-invasive
(laparoscopia pura o robot-assistita), che hanno consentito di ridurre la morbilità
perioperatoria dell’adenomectomia.
Nella moderna era della chirurgia mini-invasiva, l’adenomectomia resta l’intervento
di scelta (“gold standard”) nei pazienti con prostate particolarmente voluminose.
Endoscopia:
Tra gli interventi endoscopici, possiamo dividere le tecniche in
resettive ed enucleative. Non pretendiamo di descriverle tutte, ma accenniamo
alcune delle tecniche più praticate.
L’intervento endoscopico resettivo più praticato è, appunto, la resezione
prostatica transuretrale (cosiddetta TURP), che prevede la resezione
dell’adenoma prostatico attraverso l’uretra, mediante un’ansa attraversata da
corrente. La resezione è dal centro verso la capsula prostatica, asportando
progressivamente il tessuto dell’adenoma, ampliando il lume uretrale.
Presenta ovviamente il vantaggio della minore-invasività, evitando tagli e cicatrici
sull’addome al paziente, con un recupero postoperatorio più rapido. È indicata per
prostate fino ad un certo volume.
Tecniche alternative, sempre eseguite mediante approccio transuretrale,
prevedono l’impiego di lasers. Una di queste è la vapor-resezione prostatica
(PVP, dall’inglese “Photoselective Vaporization of the Prostate”), che usa un laser a
luce verde (KTP). La fibra laser è usata per vaporizzare il tessuto dell’adenoma fino
alla capsula prostatica. Ha quindi un concetto simile a quello della TURP, con la
differenza che il tessuto resecato durante la TURP viene aspirato ed inviato per
esame istologico, mentre il tessuto vaporizzato durante PVP è letteralmente
“distrutto”.
Tra le tecniche laser enucleative, merita una menzione l’enucleazione laser. I
lasers più usati per tale tecnica sono il Tullio e l’Olmio, rispettivamente nella
ThuLEP e nella HoLEP (Thulium e Holmium Laser Enucleation of Prostate). La
tecnica di enucleazione riproduce concettualmente l’adenomectomia chirurgica,
con l’asportazione dell’adenoma mediante suo distacco laser dalla capsula
prostatica. In questa tecnica l’adenoma è asportato in blocco, spostato in vescica,
dove viene poi “tritato” (“morcellato”, in “medichese”), per essere aspirabile per via
transuretrale.
Esistono nuove tecniche ulteriormente mini-invasive, volte alla riduzione del volume
prostatico o all’espansione dell’uretra prostatica con l’immediata riduzione della
sintomatologia da IPB. Alcune di queste tecniche stanno trovando spazio nella
pratica comune (comunque, in pazienti selezionati); altre restano ancora
sperimentali e richiedono ulteriori studi. La selezione del paziente è un punto
chiave.